Gatto Simba

E lo è ancora.
Simba è un gatto di sette anni. Era un periodo buio della mia vita, era il 2010. E non conoscevo più la differenza fra amici e usurai d’anima, fra la mia missione di vita e il dolore che sentivo per le occasioni perdute.

Un giorno, come nella vecchia pubblicità della bambina con l’impermeabile giallo, sotto la pioggia, vicino a Porta Trento di Padova sentiamo due esili miagolii. Erano Ariel, ancora in forze non più lunga di un palmo di mano, che cercava di attirare l’attenzione per sé e Simba, così scuro ed esanime da essere calpestato perché invisibile. Io ero combattuta se lasciarli lì…non per cattiveria, ma non volevo riaprire vecchie ferite e la mia mente faceva finta di non vedere. Ma il mio cuore era già innamorato e per fortuna, almeno lì, chi era con me decise per me. Li portammo a casa e cominciarono a crescere con noi.

Di episodi ce ne sarebbero tanti da raccontare.
Ariel aveva una lesione agli occhi e Simba cachettico in fin di vita con la coda “a bambu” …ma apparentemente nessuno dei due voleva andarsene.
Simba, con fatica si riprese, ma un giorno ci provò pure ad andarsene. Ero stata fuori poco più di due ore e rientrata trovo le facce sbiancate e attonite di chi abitava con me raccontarmi che in quelle due ore, Simba aveva perso i sensi, era morto per un po’. Portato dal veterinario che gli aveva dato prognosi riservata. Io presi in mano Simba, che ora era grande tipo poco più di un’arancia e mi disse “Mah io sto benone”. E mentre sentivo l’ansia e la paura degli altri attorno a me, capii lì che Simba era arrivato da me e per me: uno che muore e poi resuscita, ….come si fa a non credere sia un segno…non sarei la prima?! Così nei mesi a seguire Ariel e Simba mi presero per mano e mi fecero di nuovo “prendermi cura degli animali e di me stessa”: torna dai colleghi per farli sterilizzare, ritorna nella clinica del tuo professore di cardiologia per curare l’occhio di Ariel, torna a riconciliarti con quella parte di te che avevi tenuto lì per un po’ di anni.

Simba fece più di questo.
Era un gatto, sì, decisamente …”impegnativo”, miagolava ululando di notte, assaliva Ariel che dopo l’evento della resurrezione da mamma era passata ad essergli la nemica numero uno, tipo vicina di casa indesiderata (con qualche rara tregua quando voleva scaldarsi vicino a lui d’inverno), ma soprattutto marcava ovunque in casa. Insomma dicevo era decisamente impegnativo, tanto che, come altre volte mi accompagnò a fare, mi portò a decisioni che mi fecero riprendere il mio cammino. Trovai una casa per lui, Ariel e me e ricominciai a studiare e occuparmi di benessere animale, diciamo così senza entrare nei dettagli. Perché ora voglio continuare a parlare di lui, non di me.

Quando Simba cominciò a parlare con colleghi “telepatici”, colleghi umani, intendo, apparì subito a tutti un’anima consapevole, anche un po’ distaccata, veramente disinteressata ai “gravi problemi ” che pensavo di avere. Le prime volte chiedevo a tutti “Chiedete a Simba perché attacca Ariel”, lui rispondeva del genere: “Chi? Ah, sì: uff solo una principessa: esagera!”. Sai quando odi e ami contemporaneamente una persona?! Ecco io sentivo quel sentimento. A volte quando stavo male, da bravo sciamano, mi guardava per un po’ dall’angolo del letto che condividevamo, poi saliva sulla mia pancia, prendeva il malessere guardandomi fisso negli occhi come dire “Dai, vabbè stavolta ti aiuto” e dopo qualche manciata di secondi scendeva e io mi sentivo un fiore, come se non fosse successo nulla. Sapevo dopo anni di reiki, pranoterapia etc che queste cose succedono, ma lui era speciale…e guariva in modo speciale.

Quando cominciai a tenere sessioni in casa di Thetahealing, normalmente i clienti davano ritorni del tipo: “Bellissimi tutti e tre” (nel frattempo era arrivata Regina), ma poi rimanevano tipo ipnotizzati dallo sguardo di Simba, che ovviamente era l’unico dei tre che appena vedeva un umano entrare in casa da bravo maschietto re della foresta, si metteva panciona in su e cominciava un concerto di fusa. Di solito le donne iniziavano a produrre feromoni della maternità in quantità massiccia tale per cui uscivano ancora più estasiate dalla sessione theta e appena richiudevo la porta dietro di loro Simba ed io ci guardavamo senza parlarci, lui voltava le spalle e tornava in camera a dormire. Il dialogo sarebbe stato più o meno così:

Io: “Devi sempre farti notare?
Simba: “Certo! Se c’è del lavoro da fare io arrivo, missione compiuta anche questa volta

Un giorno, non potendone più di portarlo da omeopati all’ultimo grido, sciamani, e guaritori affini (oddio perfino con il laser eterico provai!!) per la sua marcatura casalinga che mi aveva fatto buttare più di un mobile…. lo guardai fisso negli occhi.
Lui steso sulla mia sedia d’ufficio e io inginocchiata davanti a lui (notare la gerarchia fra di noi) e in theta gli chiesi scocciata: “Ok! adesso tu mi dici perché continui a marcare e non migliori di una virgola”. Ah, ma certo come non aspettarsi una risposta simile, qualsiasi compagna umana lo sa:
Ma tu non hai capito che questa è la mia prima incarnazione da gatto e che quando eri piccola ero lui”, mi rispose mostrandomi un bellissimo cane a pelo lungo grigio che era dei vicini di casa di mia nonna e con il quale passai qualche giornata di grandi avventure. Poi di seguito mi mostrò altre incarnazioni vissute insieme sotto le mentite sembianze animali, non di gatto. Il messaggio era: “Faccio fatica a fare il gatto da lettiera, se non so cosa sia un gatto”.

Da quel giorno smisi di incaponirmi e anziché voler cambiare lui, cominciai ad educare me e chi se ne prendeva, con me, cura. Continuai ovviamente con tutte le terapie del caso, struvite e quant’altro ma la verità era che mi stava insegnando ogni tanto a “lasciar andare che le cose vanno così”.
Poi comincia a guardarlo come un cane, effettivamente correva come un cane, faceva amicizie con altri gatti (di solito erano suoi sosia i suoi preferiti che puntualmente in ogni casa andassimo trovavamo), li invitava a mangiare con grandi ire di Ariel che- da brava principessa- si offendeva dell’inaspettato ospite. Parlava come un cane, ripetendo benissimo certi fonemi, più a mo’ di cane che da gatto, tendeva a fare la passeggiata con te lungo il Sile e amava la riflessologia plantare e i massaggi Rolfing.

Era il principe della casa, l’unico che quando lo “usavo” per gli esercizi di comunicazione in classe , diceva agli studenti “Sì dai vabbe facciamo di nuovo sta cosa”: troppo avanti, si annoiava a certi esercizi base!

Qualche settimana prima che Simba decidesse di uscire in strada e dal corpo ricordo che perfino mio padre, uomo di altri tempi , mi scrisse mentre ero in vacanza il suo saluto speciale a Simba: “Mi dispiaceva andare via per Simba, quando mi ha visto con la valigia in mano mi ha seguito fino all’auto, poi mi guardava silenzioso seduto sulle zampe posteriori e mi seguì con lo sguardo nel mio allontanamento. Simba è intelligente. E affettuoso”. Eh certo, ti stava salutando.

Fu l’ultima volta che vide mio padre che in quei 7 anni di vita divenne anche lui sensibile alla sua anima, amico è dire poco.

Ci ha aiutati tutti a capire a crescere a stare bene, da me, alla mia famiglia ai miei clienti, amiche, studenti. Per tutti ha lasciato qualcosa.
E’ stato delicato e mi ha fatto capire che sarebbe andato via, mi aveva preparata, ma la mia veterinaria inside si era subito allarmata con 200 esami clinici senza pensare alla più ovvia strada oltre il cancello. Ovviamente non ci avrei pensato: non ci andavi mai!

Qualcuno dice che gli animali “coprono” un vuoto sistemico nella tua famiglia…
E chi non ce li ha i vuoti sistemici!
Certo che “tappavi” una ferita Simba, ma sei stato e sei anche un grande Spirito e una grande Anima, quale animale ride mentre tu stai piangendo mentre tieni in braccio il corpo ancora caldo e mi dice: “Ah che bene che si sta qui! Che felicità!

Sai quella sensazione di quando odi e ami contemporaneamente una persona?!

Ti amo Simba, grazie, torna presto!

Barbara